Intermediazione lavorativa targata Acli

È noto che il nostro mercato del lavoro è afflitto da innumerevoli problemi, la cui genesi risale a molti anni orsono. Uno di questi è storicamente rappresentato dalla difficoltà di far incontrare domanda e offerta di lavoro.

tale incontro è stato lungamente gestito secondo precisi criteri in regime di monopolio (e gratuitamente) dal sistema di collocamento pubblico, ovvero da un insieme di strutture pubbliche con lo scopo di fornire ai cittadini, disoccupati o in cerca di un nuovo lavoro, un utile strumento per la ricerca di un impiego. A partire dagli anni Novanta, tale sistema, spesso accusato di inefficienza e di mancanza di concorrenza, ha iniziato ad essere modificato. La progressiva liberalizzazione (dagli anni Novanta in poi) del sistema è stata anche un adattamento passivo alla progressiva flessibilizzazione del mondo del lavoro (in pratica il sistema ha rincorso la deregolamentazione del mercato del lavoro, che ha introdotto le forme di lavoro temporaneo e, secondo alcune interpretazioni, precario).


Uno degli aspetti rilevanti delle riforme ha riguardato il progressivo affiancamento di altri attori abilitati a divenire intermediari nel mercato del lavoro. Cambiamento a lungo contrastato in quanto  il fatto di lucrare sulla fornitura di manodopera era tradizionalmente considerato spregevole nel comune sentire sociale: basti rammentare le sinistre figure del “caporale” nel settore agricolo e del “capo-cottimo” in quello edile, che tuttora non possono purtroppo dirsi scomparse.


Tuttavia, al di là di questi casi limite, un certo grado di “informalità” nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro ha sempre caratterizzato il nostro Paese. Al punto che un’indagine Isfol del 2013 ci informa che nella ricerca di occupazione agire attraverso la rete di parenti, amici e conoscenti rappresenta ancora un canale privilegiato, che oscilla fra il 25% e il 30% dei casi per gli individui (uomini e donne) fino a 39 anni, e supera il 35% per le persone dai 40 anni in su. Tale modalità di incontro tra domanda ed offerta di lavoro è attualmente superata solo dall’utilizzo di Internet.


L’eccessivo ricorso al canale informale comporta, ovviamente, anche dei problemi laddove non garantisce una reale coerenza fra profilo ricercato e caratteristiche del candidato e non facilita l’accesso alle opportunità lavorative alla parte di popolazione che è priva di conoscenze personali.


Alla completa liberalizzazione alla quale il settore dei servizi per l’impiego è stato sottoposto negli ultimi decenni, non è estranea, probabilmente, l’intenzione di rendere anche meno formale e più vicino alla realtà quotidiana, ma sempre entro un quadro di legalità, l’intero sistema. Gli enti privati autorizzati dovrebbero essere contemporaneamente, in quanto concorrenti, di stimolo all’aumento dell’efficienza del collocamento pubblico e, in quanto vincolati a principi di trasparenza, di ausilio nella costituzione di una rete informatica nazionale e unitaria di collocamento aggiornata in tempo reale. Con l’obiettivo di ridurre il costo individuale e collettivo della ricerca di impiego, riducendo al massimo il tempo trascorso senza occupazione.


In questa chiave va letta l’introduzione di soggetti privati qualificati nell’attività di mediazione, tra i quali sono stati di recente inclusi alcuni enti in regime particolare di autorizzazione: gli istituti di scuola secondaria di secondo grado; le Università pubbliche e private e i consorzi universitari; i comuni singoli o associati; le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori; i patronati, gli enti bilaterali e le associazioni senza fini di lucro; i gestori di siti Internet; l’ordine nazionale dei consulenti del lavoro, tramite fondazione o altro soggetto giuridico costituito; l’ENPALS per i soli lavoratori dello spettacolo.


Di recente anche le Acli hanno chiesto ed ottenuto l’iscrizione al ruolo di intermediatori, rintracciando nel Patronato Acli la struttura idonea a svolgere il servizio per l’esperienza maturata nel corso degli anni in materia di servizi per il lavoro, e nell’Area Politiche di Cittadinanza il titolare associativo a seguire il processo, fungendo da facilitatore di questo percorso. In virtù di tale abilitazione è stato stretto un accordo con Caritas: quest’ultima intendeavere un riferimento che abbia valenza nazionale e territoriale per trasferire le varie istanze di domanda/offerta di lavoro che giungono quotidianamente negli uffici diocesani e/o nei centri d’ascolto.Le Acli – in quanto associazione di promozione sociale che, attraverso una rete capillare di circoli, Imprese, Servizi e Associazioni specifiche, promuove il lavoro e i lavoratori, attivando percorsi di cittadinanza attiva e strumenti specifici di tutela per i cittadini, in particolare di quanti si trovano in condizione di emarginazione e a rischio di esclusione sociale –, sono state elette quali interlocutrici privilegiate da Caritas.


Dunque, non è ininfluente che siano proprio le Acli a realizzare questo nuovo servizio; deve, anzi, significare qualcosa: non si tratta solo di fornire un servizio in più, di diversificare il ventaglio dei servizi adeguandoli alle necessità odierne, per quanto ciò possa essere rilevante e sempre opportuno per un’associazione vitale. Non si tratta, in altri termini, solo di realizzare un incrocio soddisfacente fra un lavoratore in cerca di un’occupazione e un’impresa che deve coprire un posto vacante. Ma si tratta di veicolare, anche attraverso questo servizio, un’idea più compiuta di lavoro, una cultura fondata sul primato della persona, sull’attenzione e la tutela dei suoi diritti, soprattutto in un periodo di tutele calanti come questo, in cui il lavoro sembra perdere terreno rispetto ai diritti e alle prospettive future, e di repentini cambi nella vita lavorativa, che rendono ricorrente l’attività di ricerca dell’impiego. Senza dimenticare che le Acli e il Patronato svolgono un ruolo di advocacy e di accompagnamento del lavoratore anche nel suo percorso previdenziale, che è sempre più frammentato e complesso.


L’impegno, dunque, non è solo quello di contribuire all’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, ma anche di garantire la qualità di quest’ultimo e di controllarla nel tempo. Non è, dunque, peregrino sostenere l’opportunità che dopo un congruo periodo di avvio e stabilizzazione del nuovo servizio, le Acli e il Patronato realizzino un monitoraggio per verificare la qualità del lavoro che è stato prodotto, considerando diverse dimensioni, ivi compresa la generale soddisfazione delle persone coinvolte.


Ciò contribuirà ad offrire elementi utili per comprendere la realtà e l’evoluzione del mondo del lavoro in una fase di crisi economica prolungata come quella attuale e a rendere sempre migliore e… somigliante alle Acli il servizio reso.