25 Aprile: patrimonio comune cui attingere

La celebrazione del 25 Aprile deve costituire l'occasione attraverso cui le nuove generazioni siano in grado di raccogliere coscientemente il testimone della Lotta di Liberazione, sviluppandone le potenzialità culturali e politiche. È la ragione della sintonia e degli accordi che intercorrono da qualche anno tra le Acli e l’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani»

 

Lo affermano i presidenti delle due associazioni, Gianni Bottalico, Acli e Giovanni Bianchi, Anpc.

«Il problema oggi non è completare il pantheon ideologico della Resistenza - proseguono i due presidenti - ma dar conto degli sforzi di interpretazione della memoria funzionali a promuovere un patrimonio tuttora indispensabile alla nazione e alla sua identità.

Il senso cioè di una inclusione necessaria. Una tappa nel lungo e accidentato percorso storico del Paese chiamato a costruire una cultura nazionale e un’etica di cittadinanza che non riconsegnino i cattolici a una patetica riedizione dell’intransigenza.

È a questo punto che un approccio ulteriore si fa ineludibile. La domanda incalzante diventa se il patrimonio comune della Resistenza costituisca tuttora stoffa sufficiente a confezionare l'abito dei nuovi italiani. Siamo così forzati al riconoscimento della genialità dei costituenti (tra essi il fondatore delle Acli, Achille Grandi) per aver tenuto insieme il realismo dell'analisi con il sogno della prospettiva.

Quel che oggi dobbiamo riconoscere è che i costituenti seppero muoversi tra il realismo di una Resistenza fatta anche di attendismi, zone grigie, eroismi sanguinosi, incertezze diffuse, sollevazioni napoletane, scioperi del Nord, governi badogliani, Codice di Camaldoli, svolta di Salerno, programmi olivettiani … e l'esigenza di ritrovare un idem sentire e un orizzonte comune per tutti gli italiani in cerca di futuro.

La Carta Costituzionale è il frutto di questa ricerca e di questa intesa discorde: trovare un sogno comune per la nuova Italia, non a caso chiamato "Secondo Risorgimento", dal momento che il Primo Risorgimento risultava completamente consumato dalle abilità propagandistiche e dalle delusioni storiche del ventennio mussoliniano. Senza nessun cedimento – concludono i presidenti Acli e Anpc - alla retorica del patriottismo, si deve oggi perseguire la ricostruzione di un itinerario riuscito e l'esigenza di riannodare un filo spezzato».